Sarebbe vero che i parlamentari godranno del diritto al vitalizio grazie ad una “questione di giorni” ? Le carte sembrano ormai in tavola.
La normativa in vigore implicherebbe che per accedere alla pensione da politico, un parlamentare debba risultare in carica da almeno quattro anni, sei mesi e un giorno. Ora, considerando che la prima seduta parlamentare in seno alla corrente legislatura, si è svolta il 23 marzo del 2018, il diritto alla pensione scatterà il 24 settembre del 2022. Un giorno prima delle elezioni, fissate per il 25.
La legislatura stabilisce comunque che i parlamentari rimangano in carica fino alla prima seduta del Parlamento successivo. Al riguardo, l’articolo 61 della Costituzione prevede che le elezioni delle nuove Camere avvengano “entro settanta giorni dalla fine delle precedenti” e che la prima riunione abbia luogo “non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni” e quindi in questo caso, entro il 15 ottobre.
Il diritto al vitalizio
In parole povere, i parlamentari avrebbero perso il diritto al vitalizio, solo se il Parlamento si fosse riunito per la prima volta prima del 24 settembre, ma questo non accadrà. Si tratta comunque di una questione di poche settimane. Se, poniamo caso, le elezioni si fossero tenute il 3 settembre, i parlamentari avrebbero perso il trattamento pensionistico.
Ma attenzione! Bisogna fare alcuni appunti in merito: dal 2012 l’assegno che spettava ai parlamentari è stato sostituito con un trattamento pensionistico simile a quello previsto per altri lavoratori. Rispetto a questi ultimi, i protagonisti di Camera e Senato devono interfacciarsi con un problema aggiuntivo: la legge infatti prevede che i contributi versati non possano essere ricollegati a quelli relativi ad altre attività lavorative.